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Il Caprettone del Vesuvio: Benita '31

       





La nostra famiglia per quasi un secolo si è sempre adoperata per riscoprire, preservare, conservare e tutelare la storia e la biodiversità di questo territorio. Il rispetto della biodiversità è un percorso complesso che si compie attraverso una riscoperta di quegli elementi ambientali, climatici, della flora e della fauna di uno specifico areale. Purtroppo tra gli anni ‘70 e ‘90 in Italia non c’è stata sensibilità né per l’ambiente né per un’agricoltura di tutela e per la sostenibilità e abbiamo assistito ad un vero e proprio disastro biologico con grande danno al patrimonio agricolo italiano.

       Abbiamo fatto un enorme lavoro in tenuta per la catalogazione e recupero dei vitigni autoctoni e indigeni del Vulcano. Il moggio della nonna Benigna, allevato a pergola, è una sorta di memoria storica che conserva circa 25 specie indigene ed autoctone del Vesuvio.    Un lavoro lungo, certosino e complesso effettuato per circa 10 lustri, nostra nonna in primis e poi nostro padre e noi tre dell’ultima generazione con lo scopo precipuo di ridare dignità, unicità ed autorevolezza al < duca bianco del vulcano >: il Caprettone.

Animati anche da quella che poteva essere la suggestione storica secondo cui questo vitigno derivasse da un germoglio che apparve su un bastone che Gesù aveva piantato sul Vulcano, era doveroso approfondirne lo studio.

Non ci ha mai convinto la teoria sostenuta dai più, secondo cui questo vitigno si identificasse col Coda di Volpe, in quanto essendo il Caprettone a dimora nei nostri terreni già da un paio di secoli, avevamo grande consapevolezza di quanto le sue caratteristiche morfologiche e organolettiche fossero molto diverse dalla Coda di Volpe, proprio in quella fase storica in cui molti produttori lo avevano abbandonato perché di bassa resa in uva.

In realtà nel tempo si è approfondito poco su questo vitigno, sia dal punto di vista strutturale che per l’impatto olfattivo e degustativo; in famiglia lo abbiamo vinificato per circa un secolo e anche se allora non si utilizzavano le moderne tecniche di vinificazione ci ha sempre dato risultati importanti.

Ci abbiamo comunque sempre creduto e ne abbiamo sostenuto la ricerca, finquando il nostro sforzo fu ripagato da una grande  soddisfazione, che ha dato ampia ragione prima a nostro padre,  perchè la nuova scheda ampelografica fu stata realizzata secondo le modalità previste dalla scheda di rilevamento OIV ed elaborata dalla "Risoluzione OIV -Viti 467-2012", proprio nella nostra Tenuta Sorrentino, a Boscotrecase, durante il quadriennio di osservazioni 2009-2012, dove fu sottoposto ad una serie di rilievi effettuati su 20 piante di 5 anni di età, innestate su 1103 P., allevate a Guyot bilaterale, con una carica di poco più di 20 gemme, considerando il "Fiano b." come vitigno di riferimento per tutti i parametri.

Finalmente dopo circa due secoli di anonimato, il 20 ottobre 2014 anche grazie all'esito di un percorso di studio e di microvinificazioni condotto con l'Università Federico II, il Caprettone fu iscritto nel registro nazionale. Negli ultimi anni, c’è stato un rinnovato interesse per questo vitigno anche da parte di molti altri produttori che stanno lavorando per preservare e valorizzare questa varietà.

Questo vitigno a bacca bianca, memoria enologica sulle tavole degli d’Angiò, pare che debba il suo nome alla forma del grappolo che ricorda la barbetta di una capra. Si presenta con grappoli di uva di dimensioni medie e acini di uva di forma ovale, ama un clima caldo e soleggiato per prosperare e trova la sua massima espressione su terreni vulcanici. Sono al momento 15 i comuni che possono rivendicarne la denominazione come Vesuvio DOC.

Il nostro Caprettone, nella fattispecie, proviene da vigneti ubicati sui nostri terreni ricchi di grande mineralità, drenanti, sabbiosi, esposti tra il golfo di Sorrento e il Vesuvio, collocati a circa 250 metri s.l.m. ; terreni che godono di un’esposizione al sole per l’intera giornata, queste viti sono rinfrescate da un venticello mite, il fruscìo che viene dal mare e contribuisce alla sanità delle piante.  Effettuiamo una vendemmia manuale che ultimiamo entro la terza settimana di settembre, le uve vengono fermentate in acciaio per preservare persistenza e rendere fragranti gli acini. Il grappolo è alquanto serrato, con acini di media dimensione, buccia spessa e di forma ellittica.

Alla vista si presenta limpido, di colore giallo con leggeri riflessi verdolini. Dal punto di vista olfattivo, si presenta molto complesso, sia fruttato che floreale, con tipici sentori di salvia e spiccate note di ananas, pesca bianca e biancospino, anticipando un sorso elegante e morbido, con buona sapidità e grande struttura.

 Mandorle e nocciole sono i marcatori olfattivi di queste uve, oltre a profumi fruttati e floreali. Il gusto trova una perfetta corrispondenza con le note olfattive ed è elegante, ottima morbidezza e piacevole sapidità. Un vino di bella struttura che conserva un buon grado di acidità, tipica di tale vitigno, strutturato e molto equilibrato al gusto.

Con questo vitigno produciamo il Caprettone Benita ’31, ottenuto in purezza, e lo spumante Dòrè Caprettone, mentre in uvaggio con Falanghina (10%) e Greco (10%) il Lacryma Christi Bianco, e il Lacryma Christi Bianco Superiore Vigna Lapillo.

Per noi Sorrentino, famiglia radicata a piede franco su questo territorio proprio come questi vitigni che abbiamo riscoperto, protetto, studiato e sperimentato, al fine di produrre vini, a volte estremi, ma di grande carattere e personalità, la mission aziendale e di vita sarà proseguire a barra dritta su questa strada di ricerca riscoperta e tutela. Sul nostro blog racconteremo di seguito, le varie referenze ottenute con questo vitigno.

 



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